PRAMANTHAARTE  
 
 
2014     MARIA SARTORI SPENCER / NEW YORK. ON THE THREAD OF ORDER AND CHAOS  
 
 
 
 
 
 

New York on the thread of order and chaos (New York sul filo di ordine e caos) è il titolo della mostra di fotografia e installazioni audio-visuali con cui Pramantha Arte presenta il lavoro di Maria Sartori Spencer.

Gli ingredienti di questa mostra potrebbero dirsi tra i più tradizionalmente contemporanei: la città di New York protagonista di un racconto fotografico; una fotografa musicista che si rapporta all'immagine come si rapporta al suono; l'utilizzo dell'iPhone - dispositivo simbolo della rivoluzione tecnologica e di costume dei nostri tempi - come medium espressivo e filtro relazionale. Tuttavia la combinazione di questi elementi, nello sguardo e nella sensibilità di Maria Sartori Spencer, non produce niente di scontato. Scorci, tagli, inquadrature e prospettive che sfidano la gravità e ribaltano le grandezze. Rigide geometrie e lucide astrazioni che isolano le strutture affidando loro vita propria. Riflessi onirici e contrasti visionari che nel gioco duchampiano del ready-made si rivelano pure apparizioni di apparenze.

Con Maria Sartori Spencer ci si imbatte nell'immagine di una New York insolita, variegata e demitizzata: sempre moderna eppure decadente; sempre irraggiungibile eppure familiare; sempre attuale e futurista eppure superata. Un'immagine in cui scompaiono la frenesia frastornante, lo skyline sensazionale, le luci ipnotiche, le piazze affollate e la cartellonistica pubblicitaria. Una New York legata alla personale e libera esperienza dell'artista che - incurante di qualsiasi etichetta o vincolo narrativo - salta dal paesaggio urbano alla street photography, da un linguaggio astratto e oggettivo ad un linguaggio espressionistico e soggettivo, preoccupandosi solo di registrare i percorsi battuti dai suoi occhi, e di mettere alla prova la sua capacità visiva, giocando con lo sguardo come se giocasse con la voce: solfeggiando, intonando scale cromatiche e saltando da un'ottava all'altra.

Trenta fotografie di grandi dimensioni, quattro installazioni audio visuali e un video- racconto immergono lo spettatore nella vita newyorkese e nel mondo sensoriale dell'artista, ripercorrendo immagini, suoni ambientali e improvvisazioni vocali che - nella tensione tra la ripetizione ossessiva di un ritmo quotidiano sempre uguale a sé stesso, rigorosamente scandito da spazi, tempi e percorsi conosciuti e prevedibili, e l'incontenibile vitalità espressiva di un'anima vibrante che non si accontenta di avere il ruolo passivo di mero ricettore-ripetitore che la realtà circostante tenta di riservarle - fa emergere tutta la ricchezza sensoriale di una routine che nel ritorno sistematico dell'identico nasconde infinite possibilità percettive e interpretative; possibilità che Maria Sartori Spencer ama esplorare, ricalcando nell'approccio visuale agli scenari che incontra nei suoi percorsi quotidiani, il suo approccio in musica, secondo le rigide regole dell'improvvisazione, in cui l'ordine e il caos smettono di essere elementi contrapposti e si rivelano come dinamica strutturale di ogni dimensione vitale.

«Tutto ciò che provo a fare quando scatto una foto - dice l'artista - è di cercare l'ordine evidenziato nel caos e il caos nell'ordine delle cose; cioè, applico alla fotografia lo stesso approccio che si applica nell'improvvisazione. Bisogna essere in grado di ascoltare e di sentire ciò che si esprime quando si fa musica, così come occorre saper osservare e vedere quando si scattano delle foto, se si vuole provare a dire qualcosa attraverso di esse. Non importa quanto semplice o complesso sia il tema, ci si deve immergere dentro l'arazzo di suoni e trovare il filo. La tua voce - come qualsiasi strumento - è come un filo che insieme ad altri fili, ad altre singole voci, costituisce un arazzo di suoni, e quasi per magia si ha la musica. Più si conoscono i cambi di accordi di un brano, più ci si può perdere ed essere liberi, andando dentro e fuori dalla forma senza perdere traccia di dove si è».

«Ogni giorno percorro le stesse strade e imparo di più su come la luce andrà a colpire gli edifici e gli oggetti a una certa ora e in una data stagione; e appena mi sento a mio agio con gli scenari a me familiari, mi sento libera di andare e riprendere posti che sono nuovi per me o che non ho visitato da un po'. Proprio come mi sento quando interpreto una nuova melodia o un brano che non ho praticato da un po'. Se impari le regole le puoi estendere verso l'ignoto. C'è un ritmo, un'armonia e una melodia nei suoni e nella nostra esperienza visiva quotidiana, abbiamo solo bisogno di vederli e di sentirli».

(Testo di Maria Rosaria Gallo)


New York on the Thread of Order and Chaos is the title of Maria Sartori Spencer's photography and audio-visual installations exhibition. It was presented by Pramantha Arte contemporary art gallery on May 1st 2014.

The ingredients of this exhibit could be called some of the most classic contemporaries: the city of New York as the protagonist of a photographic story and a photographer-musician that relates to images as she relates to sound. She uses the iPhone, a symbol of the technological revolution and costume of our times, as an expressive medium and relational filter. Moreover, the combination of these elements, in the gaze of Maria's sensitivity, does not produce anything for granted.
She catches glimpses, cuts, camera angles and perspectives that defy gravity and flip the magnitudes. Maria records rigid geometries and polished abstractions that isolate the structures entrusting their own life, oneiric reflections and high-contrast visuals that also disclose apparitions of appearances.

With Maria Sartori Spencer, you encounter a restatement of the image of New York: unusual, varied and demythologized; always modern, yet decadent; always unreachable, yet familiar; always current and futuristic, yet obsolete. An image in which all elements of the popular image of New York disappear: the stupefying frenzy, the sensational skyline, the hypnotic lights, the crowded streets and the advertisements. A New York linked to the artist's free experience who, regardless of any label or constraint narrative, jumps from urban landscape to street photography, from an abstract and objective language to an expressionistic and subjective language.

She follows the beaten streets and puts her vision to a test, playing with her eyes as if playing with her voice: practicing the notes, singing and jumping from one octave on the chromatic scale to another.

Thirty large-scale photographs, four audio-visual installations and a video plunge the viewer into the life of New York and the sensory world of the artist. An irrepressibly vibrant soul is not content to have the passive role of a mere receptor-repeater of her surrounding reality, and miss the beauty in every environment for monotony. In the tension between the obsessive repetition of a daily rhythm, strictly marked by spaces, times and predictable routes, retracing images, ambient sounds and vocal improvisations brings out all the sensory richness and infinite possibilities of perception and interpretation. These are possibilities that Maria Sartori Spencer loves to explore, visually tracing the scenarios she meets in her daily journeys, similar to her approach to music, according to rules of improvisation, in which order and chaos cease to be opposing elements and reveal the structural dynamics of each dimension of life.

«All that I try to do when I take a picture- the artist says - is to seek the order shown in the chaos and chaos in the order of things; that is, apply the same approach to photography that applies improvisation. You must be able to listen and hear what is expressed when you make music, as you must know how to observe and see when taking the photos, if you want to try to say something through them. No matter how simple or complex the topic, we must plunge into the tapestry of sounds and find the thread».

«Every day, I walk the same streets and learn more about how the light hits buildings and objects at a certain time and in a given season. As soon as I'm comfortable with the scenarios familiar to me, I feel free to go and shoot places that are new to me or that I have not visited for a while. Just how I feel when I play a new melody or a song that I have not practiced for a while. If you learn the rules, you can extend into the unknown. There is a rhythm, a harmony, and a melody in our everyday visual experience. We just need to see them and hear them».

(Text by Maria Rosaria Gallo)

 
 
 
 
 
 
     
 
     
 
     
 
     
 
 
 
 

macitynet.it 14/06/2014

Un iPhone, una musicista, la Grande Mela, uno sguardo fotografico: il caso di Maria Sartori Spencer
di Mauro Notarianni


Oltre l’iPhoneography, fotografa per istinto. Il caso Maria Sartori Spencer, una musicista italiana residente negli States da 20 anni e la Grande Mela.


Lo sappiamo. È avvenuta una quasi rivoluzione antropologica da quando un dispositivo tascabile è stato capace di riunire in sé le prestazioni di un computer a quelle di un telefono, garantendo accesso alla rete e di conseguenza all’intero sistema di comunicazione e condivisione globale. E lo sappiamo. Quello che negli anni ‘90 poteva sembrare un’innovazione tecnologica elitaria, destinata solo ai piani alti di certe aziende, oggi è diventato un nuovo modo di stare al mondo, di relazionarsi con la realtà, di esprimerla, trasformarla, crearne nuova.

Registrare, produrre, riprodurre, modificare dati di qualsiasi natura e poi mandarli in rete. Liberamente. Ma soprattutto, catturare, trasformare e condividere immagini. Immagini del mondo. Immagini di sé. È questa una delle prassi più praticate. È questo il fenomeno più radicalmente pop che in modo sempre crescente rivoluziona i parametri della comunicazione e con esso il mondo dell’arte visuale e la fotografia digitale.

Una rivoluzione iniziata nel 2007 con l’avvento dell’iPhone 2G e la sua fotocamera da 2 megapixel.

Un processo che continua con l’evoluzione e il costante perfezionamento dei dispositivi di nuova generazione e suoi derivati – app, communities, blog social network – fino al punto da introdurre nuove parole nel lessico mondiale. Una per tutte: iPhoneography, letteralmente l’arte di creare foto con un iPhone. E da qui contest, premi, reportage, pubblicazioni, siti, tentativi di definizione stilistica, corsi, scuole, dibattiti. Ma la faccenda è tutt’altro che contenibile e – nella magia dello sharing – non smette mai di sorprendere.

È il caso del fenomeno fotografico portato alla ribalta in Calabria lo scorso 17 maggio – in occasione della Notte Europea dei Musei 2014 - dalla galleria Pramantha Arte con una mostra di 30 stampe di grandi dimensioni e 4 installazioni audio-visuali (con tanto di suoni ambientali e vocalizzi spontanei), a cura di Maria Rosaria Gallo, dal titolo inequivocabile: New York on the thread of order and chaos (New York sul filo di ordine e caos). Artista scovata e seguita su Facebook dal direttore della galleria Antonio Bruno Umberto Colosimo.

Lei si chiama Maria Sartori Spencer ed è una musicista jazz di origini italiane, nata a Treviso nel 1960, che si trasferisce a New York nel 1994 per inseguire il suo più grande istinto: la musica. Compone, canta, lavora e fa la mamma. Il tutto in una frenetica e ibrida routine newyorkese, a destabilizzare la quale – da qualche tempo – è arrivato prepotente il re degli smartphone: l’iPhone nella versione 4S. Uno strumento in cui Maria Sartori Spencer ha scoperto un nuovo contatto creativo con la vita di tutti i giorni e – soprattutto – un nuovo modo di esplorare la sua passione per il ritmo. Questa volta non con la voce, ma con lo sguardo.

«Tutto ciò che provo a fare quando scatto una foto – dice Maria Sartori – è di cercare l’ordine sottinteso al caos e il caos sottinteso all’ordine delle cose; cioè, applico alla fotografia lo stesso approccio che si applica nell’improvvisazione, poiché esiste un ritmo, un’armonia e una melodia nei suoni come nella nostra esperienza visiva quotidiana. Abbiamo solo bisogno di vederli e di sentirli».

E con questo originale approccio Maria Sartori Spencer – dalla prospettiva del suo quotidiano attraversamento di un segmento di città, partendo da Brooklyn e arrivando alla United Nations Plaza – iPhone alla mano, racconta una New York insolita, quasi demitizzata. Un racconto in cui – come afferma il curatore della mostra – «scompaiono la frenesia frastornante, lo skyline sensazionale, le luci ipnotiche, le piazze affollate e la cartellonistica pubblicitaria. Una New York legata alla personale e libera esperienza dell’artista che – incurante di qualsiasi etichetta o vincolo narrativo – salta dal paesaggio urbano alla street photography, da un linguaggio astratto e oggettivo a un linguaggio espressionistico e soggettivo, preoccupandosi solo di registrare i percorsi battuti dai suoi occhi, e di mettere alla prova la sua capacità visiva, giocando con lo sguardo come se giocasse con la voce: solfeggiando, intonando scale cromatiche e saltando da un’ottava all’altra».

E, in effetti, le foto di Maria Sartori Spencer si mostrano principalmente come pura esperienza percettiva dell’artista. Un’esperienza quotidiana vissuta nel tempo di un’ora di spostamento (in andata e in ritorno per e dal luogo di lavoro) raccolta in situazioni, scorci, impossibili riflessi, altezze ribaltate, geometrie opposte e contrastanti, velocità e prospettive che probabilmente non potrebbero essere colte – nelle medesime condizioni – da una semplice macchina fotografica.

«Posso paragonare il mio iPhone a un tappeto magico e a una tavola da surf. Realtà, superfici, profondità, ombre e luci possono essere catturati ovunque – e in qualsiasi momento e condizione – semplicemente spostando e allungando il dispositivo finché non trovo l’angolo che si adatta al mio occhio», dice Maria Sartori Spencer.

Una bellissima metafora che rende l’idea di come l’iPhone (e lo smartphone in generale) abbia innescato una trasformazione nel campo espressivo della fotografia digitale probabilmente inarrestabile. Una metafora che sicuramente piacerebbe alla Apple. E un caso – quello di Maria Sartori Spencer – che pare incarnare alla perfezione l’ultimo slogan con cui si accompagna l’iPhone 5S: You’re more powerful than you think.


An iPhone, a musician, the Big Apple, one photographic gaze: the case of Maria Sartori Spencer

by Mauro Notarianni

We know it. It has taken almost an anthropological revolution since a pocket-sized device has been able to combine the performances of a computer with those of a telephone, providing access to the network and, consequently, the whole system of communication and global sharing. And we know it. What in the '90s may have seemed elitist technological innovation, intended only for the upper floors of certain companies, today it has become a new way of being in the world, of relating to reality, expressing, transforming, creating new.
Record, produce, reproduce, modify data of any kind and then send that data to the network. Freely. But most importantly, capture, process and share images. Images of the world. Pictures of oneself. This is one of the most practiced practices. This is the most radical pop phenomenon who so ever-growingly revolutionizes the communication parameters and with it the world of visual art and digital photography.

A revolution began in 2007 with the introduction of the iPhone 2G and its 2-megapixel camera. This process continues with the development and updating of next-generation devices and its derivatives - app, communities, blogs, social networks - to the point of introducing new words to the global dictionary. One for all: iPhoneography, literally the art of creating pictures with an iPhone. And from this contest, awards, reports, publications, websites, attempts to define style, school debates. But the matter is far from being contained and - the magic of sharing - it never ceases to amaze.
This is the case of the photographic phenomenon brought to the fore in Calabria on May 17 - on the occasion of the Notte Europea dei Musei 2014 (European Night of Museums 2014) - at the Pramantha Art gallery with an exhibition of 30 large prints and 4 audio-visual installations (with many ambient sounds and spontaneous vocalizations), edited by Maria Rosaria Gallo, unequivocally titled: New York on the thread of order and chaos. The Artist was discovered and followed on Facebook by the director of the gallery Umberto Bruno Antonio Colosimo.

Her name is Maria Sartori Spencer. She is a jazz musician of Italian descent, born in Treviso in 1960, who moved to New York in 1994 to pursue her greatest passion: music. She composes, sings, and is a mother of two. The king of smartphones: the iPhone powerfully destabilized her hectic and hybrid routine in New York. An instrument in which Maria Sartori Spencer has discovered a new creative contact with the everyday life and - most importantly - a new way to explore her passion for rhythm. This time not with her voice, but with her eyes.

"All that I try to do when I take a picture," says Maria Sartori, "is to seek the order in the chaos and the chaos in the order of things; that is, apply the same approach to photography that applies improvisation, since there is a rhythm, harmony and melody sounds like in our everyday visual experience. We just need to see them and hear them. 
And with this original approach Maria Sartori Spencer, from the perspective of her daily crossing of a segment of the city, starting from Brooklyn and coming to the United Nations Plaza, iPhone in hand, tells an almost demythologizing unusual New York story.

"A story in which - as the curator of the exhibition says - all elements of the popular image of New York disappear: the deafening frenzy, the sensational skyline , mesmerizing lights, the crowded streets and advertising signs. What remains is a New York related to the free and personal experience of the artist - regardless of any label or tie to the narrative - jumping from the urban landscape to street photography, from an abstract, objective language, to a language expressionistic and subjective, caring only to record the run-down streets from her perspective, and to test her eyesight by playing with her eyes as if playing with her voice: practicing the notes, singing and jumping from one octave on the chromatic scale to another. "

And, in fact, the photos of Maria Sartori Spencer mostly show the pure perceptual experience of the artist. A daily experience living in a time of one hour of movement (to and from the workplace) collected from situations, views, reflections, impossible heights, opposite and contrasting geometries, speed and prospects that could not be taken - in the same conditions - from a simple camera.

"I can compare my iPhone to a magic carpet and a surfboard. Actually, surface, depth, shadows and highlights can be captured anywhere - and at any time and condition - simply by moving and stretching the device until I find the angle that suits my eye, " says Maria Sartori Spencer.

A beautiful example of how the iPhone (and smartphones in general) has triggered an expressive, unstoppable transformation in the field of digital photography. A story that Apple would certainly enjoy. And one case - that of Maria Sartori Spencer - which seems to perfectly embody the last slogan that accompanies the iPhone 5S: You're more powerful than you think.

 
 
         
   
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